28 settembre 2012

HO I CAPELLI LISCI DA UNA PARTE

Ho i capelli lisci da una parte e ricci dall'altra. Perchè ieri sera li ho lasciati bagnati e mentre ero al telefono me li lisciavo con la mano. Adesso sembro poco normale.
Sono in ufficio da sola, ultima ora di libertà prima che arrivi la collega spia e inizi a scrivermi sui fogli che "Ambasciatore non porta penE", poveretto.

Come diceva qualcuno, la vita è fatta di finezze e bisogna gioirne appena si può, perchè già la vita è una merda, poi se non si gioisce neanche delle finezze, allora, ciao!, non vale la pena vivere.
La mia finezza quotidiana deriva da un Kinder Bueno, motivo per cui ho ricominciato a andare in palestra. La gioia che ne deriva mi è tutt'ora ignota, ma va bene così. L'abbonamento fatto a ottobre 2011, lo inizio a sfruttare a ottobre 2012. Non fa una piega.

Ho deciso che per il corso d'aggiornamento di lunedì dovrò prendermi una giacca. Non ho giacche, anzi blazer, e ho un guradaroba tutto universitario fatto di jean a sigaretta, magliette dell'Hard Rock e Converse grigie (o grige?) un tempo bianche. Lavoro in ufficio e la cosa più elegante che indosso sono due braccialetti che mi hanno regalato. Bisogna fare qualcosa. Forse.

Devo anche capire perchè è da esattamente dal 1 gennaio 2012 che non mi mangio le unghie e la cosa non cambia: ho le mani da neonato, con le unghiette corte e le dita tonde. Non capisco. Mi sono comprata, in questi 8 mesi e 28 giorni, una quantità industriale di smalti, per sfoggiare queste mie unghie ovali e delicate e invece sono ancora lì mai usati. Non mi pare giusto. Ho fatto anche l'investimento di uno smalto Chanel che è lì intonso. Non è giusto.

Abbiamo prenotato per andare 2 giorni a Perugia per l'Eurochocolate. Spero di assistere dal vivo alla memorabile scena ripresa dal Tg2 in cui due standisti lanciavano tocchi di cioccolato alla folla inferocita. E spero di riuscire a sbaragliare la concorrenza a furia di culate. Mi sembra il minimo. Dovrò vivere a aria e acqua per un mese. Non credo di potercela fare.

Il lavoro nobilita l'uomo, ma qui di nobile c'è poco: ognuno ha i cazzi suoi da fare e è il primo anno che con gli amici dell'università non ci si vede appena finite le ferie. Non mi piace questo cambiamento: ognuno ha i cazzi suoi e nessuno vi rinuncia, me compresa. Non ne faccio una colpa a nessuno, ma è un peccato. Prima nessuno faceva un cazzo e dicevamo "Quando lavoreremo sarà tutto diverso: faremo mille cose". Ora più o meno tutti si lavora, si guadagna (chi più chi meno) e non possiamo mai fare un cazzo perchè siamo stanchi o perchè se uno è libero, gli altri hanno altro, e viceversa. A 16 anni uscivo alle 8 del mattino e tornavo 3 di notte, almeno al mare, e mi addormentavo alle 5 perchè leggevo. Adesso, se mi alzo alle 7 e alle 10 non sono a letto rischio una nevrosi e un attacco epilettico. Il lavoro nobiliterà l'uomo ma io ho seri dubbi sulla riuscita della serenità personale. Forse perchè faccio un lavoro che non mi piace, quindi è una fatica fare tutto. Ma almeno ce l'ho e ancora mi chiedo come ho fatto a non impazzire i 4 mesi che sono stata ferma. I "Grazie per avermi sopportato" sarebbero tanti da dire. E soprattuto bisognerebbe dirli a tanti.

La Sardegna mi ha aiutato a staccare e a pensare che forse, ma forse, la felicità vera esiste. Sole, mare. E altre cose che nons to qui a dire perchè si sanno.

Andare fuori e rendersi conto che il 90% delle persone fa rimpiangere la stessa appartenenza al genere umano. E quello che più deprime è che spesso questi aborti malriusciti saranno un domani i miei medici o, al contrario, adulti odieni col cervello di un chicco di riso, quand'è gonfio. Gente di 50 anni che mentre tu lavori, per lui, si lamenta perchè sei lenta, quando, se lui avesse fatto tutto come andava fatto, non sareste lì e lui sarebbe a frantumare le palle alla moglie e non a te. Li odio. Al lavoro mi controllo. Poi a casa esplodo, non parlo con nessuno. Mangio la mia bresaola e leggo.

Perchè, in tutto sto marasma, ho ripreso a leggere. Ho la mia pila di libri che sta calando. Leggo un sacco. E quando chiudo l'ultima pagina mi sento bene. Una sorta di felicità. Poi l'altro giorno ho trovato (leggi: ho rubato nella casa di fianco) un catalogo dell'Ikea. Il giorno in cui potrò permettermi di andare all'Ikea a comprarmi il letto matrimoniale sarà un gran giorno. Perchè vorrà dire che avrò una casa mia e uno stipendio decente.

Ecco tutto si riduce a un letto matrimoniale. E non con la solita concezione del letto. Ma di simbolo di libertà. Hahhahahahahahahah! Che sega mentale.

Fatto sta, che se avessi un lavoro decente sarei più serena. Ma ho un lavoro schifoso. E è sempre meglio che non averlo affatto.

Anche se quel letto matrimoniale un po' mi manca già.

20 settembre 2012

POI IN MACCHINA

Potrei fare un trattato sugli annunci di lavoro che trovo sui siti e sui giornali.
Lavoro il cui datore di lavoro più intelligente probabilmente è una scimmia antropomorfa che si esprime a gesti.

Potrei fare un elenco infinito degli annunci più improbabili, più inutili, più "facciacomeilculo" e più tristi.
Come potrei contare il mio odio estremo nei confronti delle agenzie interinali, luoghi infernali in cui un'alfabeta giudica se si è o meno idonei a sostenere il colloquio con l'azienda in questione. Un'alfabeta che 90 su 100 neanche è laureata e 90 su 100 neanche si sa esprimere in un italiano che si possa definire dignitoso e comprensibile.

In pratica se prima dovevi fare bella impressione al futuro e possibile datore di lavoro, ora bisogna fare buona impressione alla stronza dell'agenzia che ti chiede due robe per capire se a) sai scrivere il tuo nome; e b) se ti esprimi meglio di lei.

L'ultimo colloquio che ho fatto (si parla di mesi fa ormai) è stato in agenzia. Per un posto da centralinista receptionist, dunque non per un posto da chirurgo o per un ingegnere nucleare, eh. Per un posto da centralinista. Il contratto poi era a tempo indeterminato, quindi sarebbe stato perfetto.

Arrivo in agenzia e mi accoglie questa cosa con braccia e gambe e in un idioma a me sconosciuto mi chiede di accomodarmi nel bugigattolo con un tavolo e due sedie.
Mi siedo, inizia a farmi delle domande.
"Hai già fatto questo tipo di lavoro? Qui dovrai anche fare commissioni per il tuo capo"
"Beh guardi, a Milano andavo anche a prendere le medicine per il cane della capa, quindi, sì, ho già fatto lavori di questo tipo"
"Vedo che sei laureata"
"...sì"
"Non è un po' poco questo lavoro per te?"
(posto che nessuno, NESSUNO, ti ha dato il permesso di darmi del tu, anche se ho la laurea, mi va bene anche questo, perchè devo mangiare anch'io)
"Direi che se mi offrissero un lavoro lo prenderei e prima di mollarlo ci penserei due volte, a prescindere dalla laurea"
"Ok"
"...ok?!?!"

.....

Poi mi guarda. Guarda il cv. Mi riguarda. La riguardo. ("Ci fissiamo un altro po' o iniziamo a comunicare?!")

.....


"Chiara, ascolta, ci ho pensato. E il tuo cv non lo manderò"
"Per quale motivo?"
"Beh sai, hai la triennale, la specialistica, hai già esperienza. Questo lavoro è poco per te, non ha senso mandarlo, perchè alla prima occasione molleresti tutto e l'azienda sarebbe da capo"
"Mi scusi (notare, merda, che io ti do del lei, perchè anche se sei una semi analfabeta, ho un'educazione), ma allora perchè mi ha chiamato?"
"Beh, un colloquio non si nega a nessuno, poi dal tuo cv hai già diverse esperienze e una centralinista per te sarebbe troppo poco"
"Ascolti, le chiedo di inviare il cv poi eventualmente sarà l'azienda a non chiamarmi, ma lo invii. A lei cosa cambia?" (dimmi te, se devo pregare una stronza di inviare il cv)
"No, no dai, non ha senso. Lo sappiamo entrambe che abbandoneresti non appena troveresti un lavoro migliore"
"Dunque, a parte che questi non dovrebbero essere affari suoi, le sto chiedendo di inviare una mail all'azienda. Non le sto chiedendo nulla che esuli il lavoro" (potessi, ti avrei già staccato la testa a mani nude)
"No, Chiara, ho già deciso, non invierò nulla, sarebbe una perdita di tempo mia, tua e dell'azienda. Ok, se ho altre cose ti ricontatto"
"Arrivederci"

Ecco.
Io ti ho augurato tante cose, cara la mia impegata dell'agenzia. Tante cose. Ti ho augurato di diventare un giorno mia subalterna. Te lo auguro. Col cuore, perchè se per sbaglio io dovessi diventare qualcuno e tu una mia impiegata sarebbe la tua fine.

Poi vabbè.
Al ritorno in macchina ho pianto.
Ma quella è un'altra cosa.