26 gennaio 2015

The Book Club: La mia seconda vita (Christiane F.)

Ciao.
Sono tornata.
Non mi dilungherò sul perché e per come sia tornata e non abbia scritto.
Nella mia noia attuale ho deciso di iniziare questa rubrica. Non creo e non scopro niente, ma insomma, ho deciso di darmi questa scadenza mensile (massimo bimestrale) per la lettura di un libro. Non so se saranno libri nuovi o pubblicati negli anni/mesi scorsi, ma saranno libri che leggerò. Non parlerò/leggerò generi specifici, cioè se un giorno decido di leggere un libro inutile, lo leggo e ve ne parlo, poi magari voi non leggete e amici come prima.

Comunque. 
Ieri sera siamo andati a vedere "The imitation game" e nella libreria del cinema c'era questo libro

    (Christiane Felscherinow e Sonja Vukotic, "La mia seconda vita", ed. Rizzoli, 17 euro)

Allora. Partiamo.
"Christiane F., noi i ragazzi dello zoo di Berlino" mi è piaciuto molto, l'ho letto la prima volta a 16 anni e ciclicamente lo rileggo volentieri. L'ho letto anche in tedesco (a 18 anni, quando ancora leggevo e capivo il tedesco) e devo dire che è uno dei pochi libri che mi ha emozionato. Il finale era aperto: il libro termina con Christiane che viene portata via di peso da Berlino e si trasferisce dalla nonna e dalla zia. Le ultime pagine narrano della sua vita nella campagna tedesca. Stop. Nessuna menzione sul suo futuro o sulle droghe, se non accenni brevi sulle sbronze che si prende coi suoi nuovi amici e su qualche pastiglia che prende.

Il libro che ho comprato ieri parte da quel periodo e arriva ai giorni nostri.
Io non conosco Christiane e non so quali demoni debba avere, ma questo libro per me è un clamoroso, enorme, fantasmagorico NO. 
No per svariati motivi.
Innanzitutto per lo stile. A differenza del primo romanzo che era una sorta di diario in ordine cronologico, fatti narrati con precisione di dettagli sia materiali che psicologici. Insomma, tutto molto specifico e devo dire che quello era uno dei punti di forza del romanzo.
Qui di specifico c'è poco. Non c'è ordine cronologico e non c'è specificità nei dettagli. Inoltre a differenza del primo, qui c'è un modo di raccontare i fatti che sembra cercare la pietà e la debolezza. Nel primo questa ricerca non c'era. Era una ragazza che raccontava la propria storia a due giornalisti e questo era. C'erano i suoi sentimenti, le sue paure, le sue debolezze, le sue crisi e la sua dipendenza, ma era tutto tremendamente naturale, come se lo stesse raccontando a un amico.
Qui il tono sembra voler raccattare un pietismo alla Barbara D'Urso, e voglio dire, no dai.
Inoltre in alcuni passaggi l'ho trovata antipatica, spocchiosa, arrogante e insomma avrei lanciato il libro dal balcone della camera. L'apice di questo suo atteggiamento si riscontra nella parte in cui lei racconta del suo incontro con David Bowie. Lei rimane delusa perché Bowie era molto taciturno e, a parte qualche parola di circostanza, loro due non hanno parlato approfonditamente. Lei parla di delusione cocente nei confronti di quel suo idolo e anzi, dice che praticamente lui è diventato famoso in Europa grazie a lei. No comment.
A parte questo, anche parecchi suoi ragionamenti sono di una banalità sconcertante che per una che esordisce dicendo che ha scelto i propri uomini per la loro profondità....mah.
Senza contare della maternità. Ha smesso la pillola perché così si sentiva più libera. Tre aborti. Io già dopo il primo avrei ripreso. Niente. Rimane incinta la quarta volta e lo tiene. Il bambino nasce. Lei è sotto metadone e ok, almeno si sta disintossicando. Poi, dato che si accompagna al figlio di un boss della droga di Berlino, glielo tolgono. Lei riprende con l'eroina. Un ragionamento proprio intelligente.
Comunque il figlio è l'unica persona che la appoggia, i suoi genitori praticamente la disconoscono (suo padre si è risposato, ha altri figli e vive in India, la madre lamenta il fatto che "Noi i ragazzi dello Zoo di Berlino" abbia arricchito Christiane e quindi ha più soldi per l'eroina), non ha amici puliti, i giornalisti la inseguono e appena arriva a Köttbusser Tör (nuovo centro della droga di Berlino), partono le retate e i servizi sui giornali. Insomma, ė distrutta e senza soldi, senza amici e senza figlio. Ha dei demoni notevoli da combattere, senza contare l'epatite che le sta mangiando il fegato.
Però vabeh. La storia è quella e amen, dispiace per la sua vita (ammetto che se a 45 anni riprendi a bucarti, beh, cazzi tuoi, sai a cosa vai incontro e sono affari tuoi, specialmente se ti hanno tolto tuo figlio a causa della droga), e vabeh. Ma sto libro ė NOIOSO. L'ho letto tutto d'un fiato, ma alla fine non vedevo l'ora che finisse, lei ha cercato scusanti sulle sue dipendenze dai 20 anni in poi. Senza contare la Vukotic (giornalista che ha curato la stesura del libro) che parla di psicologia e insomma salta fuori che la colpa è del padre. 
Io, boh. Ma boh davvero, nel senso che non so cosa abbia spinto negli anni 70 Christiane all'eroina, ma a me ste scuse mi annoiano. Davvero. La noia, noia, noia, noia e ancora noia. La psicologia, la politica e sti cavoli. L'eroina poteva essere un palliativo a 13 anni, a 45 se ti portano via tuo figlio per la droga, non riprendere a farti le pere. Sarà che io vedo tutto bianco o nero per queste cose, ma mi sembra un libro sia stato scritto per avere pietà e dire "poverina". Inoltre più che un diario sembrano tanti articoli di giornale messi uno di seguito all'altro. C'è del sentimento, ma sembra una ricerca di pietismo inutile.

Una parte molto interessante del libro è dedicata a come viene affrontata la tossicodipendenza in Germania e Svizzera (Zurigo, nello specifico), utile anche per capire perché l'eroina era così usata e perché adesso i tossici sono un decimo rispetto agli anni 70.

Comunque, se si ha letto il primo libro, questo è da leggere, ma in sè è un enorme NO. Lo stile è palloso, lei è insopportabile, mi vengono in mente le classiche ragazzette alternative che "cè cè cioè  mi piacciono gli alternativi", "cè cè cioè, sono bella quindi avevo tutti i clienti che volevo". Ma va a cagare. 

Voto: 6 perché va letto per per chiudere il cerchio sulla sua vita, ma lo stile e la forma sono insopportabili.


Ci risentiamo tra un mesetto con un altro libro.


C.


---- Non sono una critica letteraria, non sono invidiosa di nulla (qualche troll che accusa di invidia c'è sempre) e questo è il mio semplice parere -----

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