25 dicembre 2011

FELIX NOEL...mo va a girer (e ho detto "girer" per esser fine)

Ma è mai possibile che io non riesca a trovare un cavolo di smalto color cipria?!?! O meglio l’ho trovato, questo, ma per una che ha lavoro fino al 29 dicembre e dopo di che, non si sa (l’una in questione sono io, ciao, piacere), spendere 22,10 euro (precisione) per uno smalto di Chanel mi pare un azzardo.In compenso se avessi preso subito quello, avrei evitato di comprare 4 smalti da minimo 8 euro l’uno sperando che si avvicinassero al colore ricercato. Facendo un rapido calcolo, avrei fatto meglio a comprare il Chanellino. Cosa che farò il 27 dicembre, dopo che le nonne avranno fatto il loro dovere con la busta natalizia. Poi il rimanente si tiene lì in caldo per Porto. Che sarebbe anche ora che sta minchia di 30 dicembre arrivasse anche piuttosto lesto, perché inizio a dare segni di cedimento. E ultimamente i segni di cedimento son tanti. Per esempio ieri sera, che non ho capito un tranello ordito da Lightman (quel macrocefalo protagonista di “Lie to me”) e quando poi me l’han spiegato, prima di capirlo ci ho messo un po’. E non ci voleva un gran genio per arrivarci. Oppure stamattina. Per trovare un’azienda ho percorso via Mantova fino, circa fino, appunto, a Mantova. Per poi rendermi conto che no, dovevo svoltare molto, ma molto prima. Bene.Ma lo sbiello generale è stato l’altro giorno. L’ufficio delle Risorse Umane ha mandato la mail generica per avvisare noi poveri schiavi che la direzione francese (della minchia, aggiungo io) ci omaggia con la strenna natalizia. Dopo aver spiegato alla mia collega M. cosa fosse una strenna natalizia (“E’ un pacco natalizio” “E sti cazzi, dire pacco natalizio pareva brutto?” “Son francesi: non capiscono un cas”), un altro mio collega, detto lo Zio, mi informa che per noi interinali la strenna non è prevista. Lì son partita incazzata come un’ape e l’embolo era già in circolo: “Ma che gazzo è? Io lavoro come tutti gli altri, anche se mi fan dei contratti che fan sbudellar dal ridere, e sti francesi dimmmerda neanche la strenna mi danno? Ah, ma io ho già un piano!” Lo Zio mi guardava come se fossi mentalmente disturbata. Giustamente, aggiungerei.
Fatto sta che mercoledì lo Zio è arrivato nel mio ufficio annunciando che sarebbe andato a  ritirare il pacco e io in preda alle convulsioni ho urlato “Zio aspetta, stampo la mail che io esigo e pretendo il pacco. Il primo che mi dice “Bao” gli sbatto sul muso la mail e gli chiedo che cavolo me l’han inviata da fare la mail se non mi danno la strenna” . Lo Zio e A. mi guardavano malerrimo, ma i miei altri colleghi poveri interinali mi hanno dato ragione (probabilmente come si da ragione ai matti) e io e Zio siamo partiti in spedizione per la raccolta pacchi.
Tanto rumore per nulla. Noi interinali sfigati eravamo compresi nella distribuzione del pacco natalizio aziendale. Arriviamo allo smistamento strenne e io ero un pelo tesa, avevo con me  solo il badge e sta gente aveva elenchi di nomi da spuntare e robe così. “Eccheccazzo, ma serve il documento d’identità?!? Ma dabò?!?!?”  “No, vai tranquilla, basta il badge e ho visto che ce l’hai quindi sei a posto” Oh, l’operaio mi ha risposto. Merda. Ergo, stavo parlando da sola. Bene. Oggi in mensa mi ha salutato. Probabilmente verrò ricordata come la psicopatica alla coda del pacco. Però peccato, già mi vedevo a combattere in nome di tutti gli interinali d’azienda e del mondo , facendo pipponi infiniti sul fatto “che noi lavoriamo, siamo schiavizzati, con contratti di merda e neanche la strenna ci date!?!?!?” obbligando chi di dovere a darci il pacco per sfinimento.
Invece no. “Ciao, come ti chiami?” “Cecily Cardew” “Mi daresti badge?” “Tieni” “Come lo vuoi il pacco?“ “Cioè?” “Panettone o pandoro?” “Panettone” “Ecco qua. Buon Natale, allora” “Ehm, grazie, anche a te”

Ma come neanche una lamentela, neanche un “Che cazzo vuoi tu che sei qui da 3 mesi e pretendi il pacco”?!??! Neanche un “Scusa, come hai detto che ti chiami? Alberi?!?!?”?!?!?!? Nemmeno un “Ahahahahahahahah, Albera, la femmina dell’albero”?!??!?!?! Niente, nada nisba. Tutto ok. Chi di dovere mi da il pacco. Pacco dal peso specifico di 8 tonnellate (grazie A. che me l’hai portato al bolide oggi) che comprendeva salame, bottiglia di vino bianco, bottiglia di vino rosso, panettone, torrone, punta di parmigiano e sacchetto di cioccolatini. Dico comprendEVA perché i cioccolatini son già stati spazzolati e mezzo salame è stata parte della cena alla magione.
E comunque, io ai francesi non auguro buon Natale. Anche se mi han dato la strenna.

16 dicembre 2011

IL BUDGET HA ROTTO LE BALLE

Eccoci qua.
Tra 15 giorni finisce l’anno e io sono nuovamente disoccupata.
“Questioni di budget”
Daje. Almeno cambiasse la canzone. Sto budget ha un po’ rotto le balle. Manca sempre, ho notato. Poi c’è da fare delle boiate e sto budget ricompare. Ma va a cagher.
Quest’anno ho cambiato lavoro due volte. Il primo lavoro meglio dimenticarselo. Una parentesi di 5-6 mesi in cui l’alienazione, lo schifo, un mal di stomaco lancinante, un magone perpetuo e la depressione si erano impossessati di me. C’è voluto un colloquio di dieci minuti con la ex capa per rendermi conto che il mio lavoro non sarà mai quello, che la mia città non era e non sarà mai più Milano e che piuttosto che avere ancora a che fare con persone di quel genere mi faccio asportare tutti gli organi. Senza anestesia. E per inciso, con voi (tranne che per 2 o 3 persone) non sarei andata a prendere neanche un caffè al bar. Sappiatelo.
Il secondo lavoro è arrivato dopo due mesi di, nell’ordine, felicità per essere tornata al buco di Emilia natio, cazzeggio improponibile anche per me, ansia (anzi, anZia, con la zeta, perché “tenevo i penzieri”), ascolti smodati di Battisti, giri in bici alle undici del mattino rischiando la sincope per il caldo, nervoso potentissimo, depressione e scazzo più totale.

Passerò tutta l’estate qui, compresi i lunedì” Vasco, tu mi capisci, ma io non ho un ragazzo che al tempo mi lasciò una valigia piena di auguri perché mi si spezzasse il collo entro lunedì. In compenso stavo a Parma e per darmi la botta di vita, sono andata con la Giulia a Gabicce nella discoteca più orrida/tamarra/figa del mondo a vedere quel nano (tremendamente arrapante) di Bob Sinclair. E qui ho avuto il piacere di essere abbordata dal maschio meno fantasioso che il globo terracqueo abbia mai partorito. Della serie, tutti appiccicati, temperatura minima 40 gradi (io con una mini e un top senza maniche sudavo come mai nella mia povera esistenza), il pischello si siede vicino a me e fa “Fa caldo, eh?” L’ho guardato e poi ho detto “Scusa, vado in bagno”.
Poi da settembre contratto di due mesi. Machedavero?!?! La legge permette che ci siano sti contratti? Poi finito quello, non rinnovato (“Manca il budget”), ho ripreso sempre nello stesso posto, ma questa volta con un bellerrimo contratto di, udite udite, un mese e mezzo. Hahahahahah. Grazie legge Biagi. Ma a discolpa di tutto, devo dire che son stati 3 mesi belli, ho instaurato un bel rapporto con i (futuri ex) colleghi e al mattino per lo meno non vomitavo l’anima al pensiero di andare in ufficio come a Milano.
Comunque, oggi i boss hanno detto a me e agli altri interinali che non ci terranno. Un bel dieci persone smollate a casa. Uno schifo. La voglia di lavorare e impegnarsi al momento è pari a zero.
E questo mi porta all’anno scorso: anno domini 2010, penso l’anno più di merda che la mia esistenza ricorderà. Un insieme di tristezze, persone che deludono, schifo generico, persone che non ci sono più e casini vari.
Le uniche due cose belle sono state la laurea e la 4 giorni a Berlino con la Soeur. Un bel 5 giorni su 365. Non è una gran media. Senza contare il 22 dicembre 2011. Una giornata che passerà agli annali come giornata più di merda EVER. Il 21 avevo tutto (o quasi), il 22 alle 3 di notte, avevo meno, il 22 alle 10 non avevo più niente. Ho passato le giornate di vacanza a piangere tutte (tzè, la mia è una riserva illimitata) le mie lacrime.
Per il 2011, facendo due rapidi conti, credo sia andato meglio, anche se il lavoro non c’è, tanto come l’anno scorso e la gente è sempre deludente, e spesso lo è ai massimi livelli.
Facendo un rapido bilancio del 2011, posso affermare con assoluta certezza che:

·         Ho mangiato per la prima volta a un giapponese e mi è piaciuto (anche se le gelatine al thè verde sono la roba più gommosa/immangiabile/da anziano che esista);

·         Sono diventata ancora più scazzata, ma nel senso che mi faccio meno seghe mentali di prima. Se una cosa deve andare male, andrà male anche se ci vado piano o ci penso su mille volte. Ergo, faccio quel che mi va, senza pensare troppo al dopo. E se andrà bene, meglio. Se andrà male, pazienza, non sarà certo perché mi son fatta meno seghe mentali. Specialmente se mi faccio le MIE di seghe mentali. Che sono notoriamente prive di fondamento e altamente inutili.

·         Sono diventata più stronza di prima. E per questo devo “ringraziare” la sei mesi milanese. In sei mesi ho imparato a fottermene di tutto e tutti e a pensare a me e vaffangulo il mondo e chi lo abita. Ho imparato a rispondere e a essere stronza e cattiva se la situazione lo richiede. Ho imparato a fottermene di tutto e a pensare al mio orticello di un metro quadro.   (Grazie, eh, anche per questo. Chemmerda.)

·         Ho scoperto di apprezzare Battisti, specialmente per quelle 3 o 4 canzoni che se le ascolto mi fan passare da euforia da droga stupefacente a baratri di depressione profondissima. E rispondere stizzita a mia madre che mi dice “Eh adesso ascolti Battisti, sei impazzita?” e io“Infatti non mi piace e è stonato, ma “Un’avventura” è poesia pura”. Cioè,quando ho sentito la frase “Tu sei mia, fino a quando gli occhi miei avran luceper guardare gli occhi tuoi”, ecco io lì crollo. E piango. Oh, se piango. E poi spengo lo stereo perché è un crollo psicologico tutte le volte.

·         Non sono assolutamente in grado di apprezzare quel che mi succede. E la finisco qui.

·         Inizio a rispondere a chiunque mi rompa il cazzo di potenza. Il capo mi dice delle stronzate? Gli rispondo (ehm, forse allora il budget non centra molto….ehmmm). Gli amici dicono delle stronzate sovrumane? Si dice con garbo “Uè, stai dicendo una cazzata , riprenditi” scatenando l’inferno. Cazziare le persone è stato un mio passatempo e sinceramente dà parecchia soddisfazione. Dici cazzate? Ti meriti la battuta o la picconata. E best regards.

·         Ho imparato che certe volte basta niente e le persone ti vedono sotto altri occhi. E io vedo sotto altri occhi (e spesso i miei occhi vedono negativo) loro.


Insomma sono diventata ancora più befana di prima
Bello.
Ciao, nè.

13 dicembre 2011

"Robespierre" degli Offlaga Disco Pax
“Ho fatto l’esame di seconda elementare del 1975. Il socialismo era come l’universo: in espansione”
Robespierre degli Offlaga Disco Pax mi ha sempre esaltato un sacco, ma il dramma è che tra la Reggio a cavallo degli anni 80 alla Parma di oggi, di cose ne cambiano. Parma. La Petite Paris. Parliamone di questa Petit Paris. La Petite Paris con la movida. Già lì è una contraddizione in termini. Ecco, iniziamo a chiamare le cose col loro nome. Ogni cosa ha un suo nome per non confonderla con altre, giusto?!? Quindi, evitiamo di chiamare “movida” quei 3 bar in croce aperti in via Farini.  La vera movida, quelle spagnola, è nata con un intento nobile: ribellarsi allo stallo dovuto al franchismo, un’insurrezione contro la vita grigia spagnola fino alla morte del Caudillo. E lì la movida è bella davvero:  locali infiniti, un sacco di omaggi e gente a palate. Tutti i tipi di gente. Dagli anziani ai pischellini. Insomma è proprio un incontrarsi, fare socialità nel vero senso della parola. Nella movida di Parma, piuttosto che mischiarmi coi frequentanti della movida di via Farini mi darei fuoco.
Poi della Petit Paris dell’ottocento, dominata dall’austriaca Maria Luigia, è rimasto poco. Per quello che mi riguarda Parma ha la strana abitudine di guardare all’apparenza: tanti bei giardini nel centro, ma se si esce 10 metri, ecco che il degrado è lì. Non che sia degrado da banlieu, ma diciamo che se un poliziotto mi dice “Questa strada in bici è meglio se non la fai di notte”, ecco lì mi girano i coglioni. Per due motivi: primo, io con la bici vado dove voglio. Nel senso, pare logico che io debba evitare una zona perchè la gente per derubarmi o peggio mi tira giù dalla bici in corsa? Poi, secondo, caro poliziotto, tu che ceppa esisti a fare se non controlli suddetta zona? Io devo allungare il mio tragitto notturno per evitare il Bronx (e lo faccio, no problem), ma tu? Che fai? Ah, giusto tu stai in piazza contornato dai militari. Poi le vie secondarie, chi se ne fotte.
Più che altro, mi sto rendendo conto che sto invecchiando. E invecchiare significa dire “Quando ero piccola/più giovane qui c’era…” Per dire, io sono nata praticamente in campagna. Dietro la chiesa, a 5 metri da casa mia, c’erano solo i campi, ora, per la cronaca, due nuovi quartieri, un’Esselunga e il fantastico mondo d’Eurasia, o meglio l’Eurosia, il supermegaultra Ipercoop. Di fronte all’Esselunga. Ditemi l’utilità.
Ma nel mio quartieri è tutto cambiato:
-         Il parchetto: prima era territorio della gang di ottuagenari di piazza Maestri, tra cui il nonno di un mio amico. Sapevo che era in piazzatta appena mettevo il naso fuori casa: aveva una voce di un profondo che la sentivo da dieci metri di distanza. Ora la piazza di giorno è la sede delle badanti. Gli ottuagenari son spariti (probabilmente trapassati o lasciati nell’ospedale vicino alla piazza), ma ci son le badanti. Il parchetto è stato da me ribattezzato Piazza Rossa, con al centro anche un simpatico monumento di forma fallica, che dovrebbe rendere omaggio agli aviatori. Ignoro il soggetto di quell’orrore. La sera, invece, fino mezzanotte la piazza è il ritrovo per le cosiddette “cumpe pese”, cioè sedicenni travolti dall’ormone che stazionano sull’arena e ingombrano la mia strada coi loro cinquantini di merda. Da mezzanotte in poi, le cumpe prendono dell’aria e arrivano dei simpatici tossici e qualche spacciatore. Beh ovvio, illuminiamo a  giorno il mega parco vicino alla piscina e non occupiamoci del parchetto lì vicino. Ovvio. Grazie. Poi io mi fermo a mangiare una brioche nel parchetto alle 2 e devo evitare le siringhe. Bei momenti.
-         Il parchetto vicino all’asilo: fin da piccola era l’inferno in terra. In pratica un’orrenda terra di nessuno in cui si ritrovavano esseri da cui mi dicevano di stare alla larga, gente che mi spaventava a morte (nulla di che, qualche metallaro pesante o qualche punkettone che resisteva dagli anni 70). Comunque, a parte tutto ciò, il parco confinava col giardinetto dell’asilo e io, con un certo Teodoro, mi avventuravo attraverso un buco nella rete a perlustrare il parchetto. Mi ricordo ancora una vecchia che mi disse di scappare perché il parco era pericoloso. Fino agli otto anni non ci ho voluto mettere più piede, più che altro per il terrore di rincontrare la megera. Poi un giorno verso i 10 anni sentii mia nonna che diceva a mia mamma che avevano ritrovato tale Marcello morto nel parchetto. Sapevo che Marcello si bucava. Sua mamma andava sempre da mia nonna a prendere il caffè al pomeriggio e tutti i pomeriggi mi vedevo sta poveretta che piangeva come una matta nella cucina di mia nonna. E io facevo finta di guardare le “Le tartarughe Ninja” in sala e intanto ascoltavo. Mi ricordo tutto dei discorsi che faceva. L’altro giorno sono passata dal parchetto: c’era il solito mazzo di fiori che la madre mette per Marcello e un parco che sembra la succursale del paradiso: tutto perfetto, anche le panchine, che erano coperte di scritte (anche la mia con un verso di una canzone degli 883, roba terribilmente preadolescenziale, del tipo “E poi all’improvviso sei arrivato tu”, insomma terrificante), erano state sostituite e anche la fontanella era tutta intera. E’ stato un duro colpo per me. Quel parco era bellissimo, a 8 anni obbligavo mia mamma a passarci perché vedevo sti punkettoni di 15 o 16 lì a farsi i cavoli loro. Adesso mancava la musichetta Disney e il giardinetto perfetto era pronto. BIG DELUSION.
-         Il campo dietro casa mia: o meglio l’ex campo. Luogo ameno dove le coppiette andavano a infrattarsi. E per coppiette intendo gente dai 13 ai 16 anni. Insomma l’infratto era parecchio lontano dalla camporella. L’infratto, almeno per la sottoscritta, era costituito da casti baci sulle labbra e dai goffi tentativi del mio gaucho di infilarmi le mani nelle tasche dei jeans. Lo so, mi son sempre piaciuti i tipi ribelli. E era l’unico dei miei amici maschi a avere la bici, mentre gli altri avevano tutti lo scooter e mi piaceva un sacco per quello, oltre che per la canappia importante (particolare che noto ancora adesso…e dopo aver trovato un gruppo su FaceBook, di cui son diventata prontamente fan, credo di aver capito perché. Hehehe, la furbizia!). Mi passava a prendere in bici, mi sedevo sulla canna e, in equilibrio precario, andavamo alla solita gelateria di quartiere. Si prendeva il gelato e poi si biciclettava verso il campo, arrancando come un matto, visto che io ero seduta sulla canna. Che pomeriggi pregni di impegni che avevamo. Nel campo eravamo le solite coppiette abbracciate sedute nelle solite panchine, ognuno aveva la sua, se me la rubavi, la peste ti cogliesse. Ora al posto del mio fields of gold c’è un fottuto campo da pallavolo della Montebello. Il mio commento per questo fatto: buuuuuh.
Ritornando a Robespierre, la mia infanzia si potrebbe riassumere in poche cose:
-         La Barbie snodabile,
-         La morte di Freddy Mercury,
-         Il mio vecchio letto a castello;
-         La guerra in Kosovo,
-         “Il Corriere dei Piccoli” a cui avevo spedito una lettera (giustamente) mai pubblicata che recava la mia lamentela riguardo il fatto che sul Corrierino chiamavano la direttrice “La Direttora” e io tutta stizzita avevo scritto che “va bene tutto, ma si dice “direttrice” non direttora.” Ero una rompi cazzo già allora che avevo  8 anni;
-         Lo studio completo, dalla copertina all’ultima pagina, di Topolino;
-         Le Superga tarocche, cioè le Podio. Che voglio dire, già le Superga sono a dir poco inguardabili, il tarocco era imbarazzante;
-         Farsi convincere a andare in oratorio, tornare a casa schifata, ripromettersi di non tornarci mai, ma mai più, e dopo due giorni essere ancora lì;
-         La mia casa delle Barbie, pulita ogni domenica mattina con dovizia certosina;
-         I cracker a forma di farfalla della Barilla;
-         Craxi e il lancio delle monetine,
-         Berlusconi che esordisce con “L’Italia è il Paese che amo”,
-         Bim Bum Bam,
-         Il Principe Valiant, tutt’ora il mio ideale di uomo, che si innamorava della solita bionda fine come un paracarro.
E comunque del passato credo sia rimasta uguale una sola cosa, forse perché l’età media del mio quartiere è di circa 90 anni: devo ancora vedere la mia sede elettorale espugnata dalla destra. E spero non capiti mai finchè avrò vita.
“E infine il mio quartiere: dove il Partito Comunista prendeva il 74% e la Democrazia Cristiana il 6%”

4 dicembre 2011

GRINCH MODE: ON

Ho deciso di riaprire il blog. E' un altro blog, Splinder, che mi piaceva, ha deciso di chiudere, quindi ecchime qui.
Spero di non fare gaffe da idiota come tre mesi fa (e di correre da G. (grazie, poi) per cancellare il blog come una matta, figura di merda fatta, dispiacere per quel che avevo scritto a mille, ma vabbè), e di essere un po' più diplomatica, diciamo così.
Il problema è che dovrei essere un po' più diplomatica in generale. Per dire, ho iniziato a novembre a cercare i regali di Natale. Quando chiedevo se si potevano cambiare dopo il 25 dicembre, le commesse mi guardavano come una psicolabile. Allora, io sarò squilibrata e tutto, ma la gente impazzisce, diventa cattiva, con la doppia personalità e con un sistema nervoso da buttare via.
Quindi due settimane fa ho iniziato la ricerca. Vana, per altro. Anche volendo spendere millemila euro, non c'era nulla che mi piacesse e che mi venisse voglia di comprare per altri. Tranne una roba che spero piaccia perchè se no tutta la fatica di girare per negozi è stata vana e ciò mi farebbe girare abbastanza.
Ma a parte tutto ciò, ieri, nel giorno del Signore 3 dicembre 2011, ho acquistato tutto. E per tutto, intendo TUTTO. Per amici, famiglia e chi più ne ha più ne metta.
A parte che già fin dal primo negozio, il mio omino del cervello mi diceva "Vaiviavaiviavaiviascappafinchèseiintempo". Ma io no. Son stoica e son rimasta dentro al negozio. Per altro un negozio dove vendono robe provenzale. E la mia amichetta Gianna ama questo genere. Lei che abita a S.Ilario (ridente paesello del reggiano avvolto nella nebbia da ottobre a aprile) ha la camera in stile provenzale. Quindi, visto che all'amica si vuole bene, entriamo in sto negozio. Già avevo 10 persone davanti. L'omino continuava a dirmi di andarmene. Ma come è noto io son stupida e son rimasta. La commessa mi fa "Signorina, lei che cosa desidera?" Ma non ho 10 persone davanti? Sto cazzo, poi se le dico qualcosa mi fa aspettare e non ho voglia "Sì, volevo comprare questo" Non ho finito di dire la frase che la commessa è partita con una filippica di due ore sull'utilità della cosa da me scelta, senza capire che se io avessi voluto qualcosa di utile sarei andata ovunque, meno che nel suo negozio. Quindi, gentile commessa, anche basta.
Poi la filippica si interrompe. Ma mica perchè era finita. No. E' arrivata la Franca. E chi è la Franca? La figlia della commessa che evidentemente deve espiare qualche brutto peccato e il sabato aiuta la madre in negozio. La Franca viene accolta con "Franca meno male che sei qui. Servi la signora (che per inciso era la prima delle 10 persone che avevo davanti...hehehe, come son stata scaltra a non aver detto nulla). Franca, guarda nel credenzino e trovami la scatola numero 192853986382629. Franca controlla il prezzo dell'angioletto vestito da Babbo Natale coperto di neve. Franca, aiuta tuo padre che non sa fare il pacchetto alla signora. Franca, perchè non servi la signora come ti ho detto???" FRANCA, CRISTO, SCAPPA.
Dopo circa un quarto d'ora di delirio in uno spazio di circa 1 metro per 2, il padre mi fa "Signorina glielo incarto?" "No, ci penso io grazie" Solo che devo averlo detto con un tono di 8 decimi sopra il consentito perchè il padre mi ha guardato offeso e dispiaciuto.
Agguanto il mio regalo provenzale avvolto nella carta che scoppia (so già come passero le due ore di buco che ho oggi pomeriggio: facendo scoppiare tutti i pallini...hehe) e mi dirigo dalla caramelleria a compare i cremini al babbo. Un cubo di Fiat. Peso specifico: 8 tonnellate. Che verrano prontamente spazzolate dalla famiglia Albera in esattamente 4 secondi dopo che la scatola sarà aperta la sera del 24 dicembre.Il problema è che costa come un bracciale di Bulgari e il caramellaio accetta solo contanti "No, niente bancomat, am dispies siore'na, che chi ledor là a Roma as rubon tut si no"* Beh, gentile caramellaio, come darti torto? Specialemente se sei tu stesso un esempio di onestà, che vendi dei waferini a 1 euro e passa e un chilo di Fiat me li fai pagare 35 euro. Che esempio di onestà, che paladino della giustizia. Fammi un favore, incartami sto cubo di cioccolato e fammi andare va', prima che ti rubi quel chilo di Lindor.

Mattinata di merda.
Ma dovevo capirlo, visto che appena alzata la prima parola che ho detto è stata "Vaffanculo". La finestra aperta in bagno al mattino dopo che si esce dal letto è uno dei terribili mali che affliggono l'umanità.
E non essendo io contenta, non ho neanche fatto colazione con la solita millefoglie allo chantilly.
E' stato tutto un insieme di tragiche fatalità.
Non poteva che essere un triste giorno per la sottoscritta.

Ma alla sera sono andata in mozzarelleria. Un posto bellissimo. Ti servono chili e chili di mozzarella di bufala campana come se non ci fosse un domani. E nel bagno c'è il suono della ranocchia che gracida per coprire i rumori molesti. Amo questo posto.
Tutto si è risolto mangiando dei pomodori pachino con la mozzarellona. Che bei momenti.


*"No, niente bancomat, mi dispiace signorina, che se no quei ladri di Roma ci rubano tutto"