13 dicembre 2011

"Robespierre" degli Offlaga Disco Pax
“Ho fatto l’esame di seconda elementare del 1975. Il socialismo era come l’universo: in espansione”
Robespierre degli Offlaga Disco Pax mi ha sempre esaltato un sacco, ma il dramma è che tra la Reggio a cavallo degli anni 80 alla Parma di oggi, di cose ne cambiano. Parma. La Petite Paris. Parliamone di questa Petit Paris. La Petite Paris con la movida. Già lì è una contraddizione in termini. Ecco, iniziamo a chiamare le cose col loro nome. Ogni cosa ha un suo nome per non confonderla con altre, giusto?!? Quindi, evitiamo di chiamare “movida” quei 3 bar in croce aperti in via Farini.  La vera movida, quelle spagnola, è nata con un intento nobile: ribellarsi allo stallo dovuto al franchismo, un’insurrezione contro la vita grigia spagnola fino alla morte del Caudillo. E lì la movida è bella davvero:  locali infiniti, un sacco di omaggi e gente a palate. Tutti i tipi di gente. Dagli anziani ai pischellini. Insomma è proprio un incontrarsi, fare socialità nel vero senso della parola. Nella movida di Parma, piuttosto che mischiarmi coi frequentanti della movida di via Farini mi darei fuoco.
Poi della Petit Paris dell’ottocento, dominata dall’austriaca Maria Luigia, è rimasto poco. Per quello che mi riguarda Parma ha la strana abitudine di guardare all’apparenza: tanti bei giardini nel centro, ma se si esce 10 metri, ecco che il degrado è lì. Non che sia degrado da banlieu, ma diciamo che se un poliziotto mi dice “Questa strada in bici è meglio se non la fai di notte”, ecco lì mi girano i coglioni. Per due motivi: primo, io con la bici vado dove voglio. Nel senso, pare logico che io debba evitare una zona perchè la gente per derubarmi o peggio mi tira giù dalla bici in corsa? Poi, secondo, caro poliziotto, tu che ceppa esisti a fare se non controlli suddetta zona? Io devo allungare il mio tragitto notturno per evitare il Bronx (e lo faccio, no problem), ma tu? Che fai? Ah, giusto tu stai in piazza contornato dai militari. Poi le vie secondarie, chi se ne fotte.
Più che altro, mi sto rendendo conto che sto invecchiando. E invecchiare significa dire “Quando ero piccola/più giovane qui c’era…” Per dire, io sono nata praticamente in campagna. Dietro la chiesa, a 5 metri da casa mia, c’erano solo i campi, ora, per la cronaca, due nuovi quartieri, un’Esselunga e il fantastico mondo d’Eurasia, o meglio l’Eurosia, il supermegaultra Ipercoop. Di fronte all’Esselunga. Ditemi l’utilità.
Ma nel mio quartieri è tutto cambiato:
-         Il parchetto: prima era territorio della gang di ottuagenari di piazza Maestri, tra cui il nonno di un mio amico. Sapevo che era in piazzatta appena mettevo il naso fuori casa: aveva una voce di un profondo che la sentivo da dieci metri di distanza. Ora la piazza di giorno è la sede delle badanti. Gli ottuagenari son spariti (probabilmente trapassati o lasciati nell’ospedale vicino alla piazza), ma ci son le badanti. Il parchetto è stato da me ribattezzato Piazza Rossa, con al centro anche un simpatico monumento di forma fallica, che dovrebbe rendere omaggio agli aviatori. Ignoro il soggetto di quell’orrore. La sera, invece, fino mezzanotte la piazza è il ritrovo per le cosiddette “cumpe pese”, cioè sedicenni travolti dall’ormone che stazionano sull’arena e ingombrano la mia strada coi loro cinquantini di merda. Da mezzanotte in poi, le cumpe prendono dell’aria e arrivano dei simpatici tossici e qualche spacciatore. Beh ovvio, illuminiamo a  giorno il mega parco vicino alla piscina e non occupiamoci del parchetto lì vicino. Ovvio. Grazie. Poi io mi fermo a mangiare una brioche nel parchetto alle 2 e devo evitare le siringhe. Bei momenti.
-         Il parchetto vicino all’asilo: fin da piccola era l’inferno in terra. In pratica un’orrenda terra di nessuno in cui si ritrovavano esseri da cui mi dicevano di stare alla larga, gente che mi spaventava a morte (nulla di che, qualche metallaro pesante o qualche punkettone che resisteva dagli anni 70). Comunque, a parte tutto ciò, il parco confinava col giardinetto dell’asilo e io, con un certo Teodoro, mi avventuravo attraverso un buco nella rete a perlustrare il parchetto. Mi ricordo ancora una vecchia che mi disse di scappare perché il parco era pericoloso. Fino agli otto anni non ci ho voluto mettere più piede, più che altro per il terrore di rincontrare la megera. Poi un giorno verso i 10 anni sentii mia nonna che diceva a mia mamma che avevano ritrovato tale Marcello morto nel parchetto. Sapevo che Marcello si bucava. Sua mamma andava sempre da mia nonna a prendere il caffè al pomeriggio e tutti i pomeriggi mi vedevo sta poveretta che piangeva come una matta nella cucina di mia nonna. E io facevo finta di guardare le “Le tartarughe Ninja” in sala e intanto ascoltavo. Mi ricordo tutto dei discorsi che faceva. L’altro giorno sono passata dal parchetto: c’era il solito mazzo di fiori che la madre mette per Marcello e un parco che sembra la succursale del paradiso: tutto perfetto, anche le panchine, che erano coperte di scritte (anche la mia con un verso di una canzone degli 883, roba terribilmente preadolescenziale, del tipo “E poi all’improvviso sei arrivato tu”, insomma terrificante), erano state sostituite e anche la fontanella era tutta intera. E’ stato un duro colpo per me. Quel parco era bellissimo, a 8 anni obbligavo mia mamma a passarci perché vedevo sti punkettoni di 15 o 16 lì a farsi i cavoli loro. Adesso mancava la musichetta Disney e il giardinetto perfetto era pronto. BIG DELUSION.
-         Il campo dietro casa mia: o meglio l’ex campo. Luogo ameno dove le coppiette andavano a infrattarsi. E per coppiette intendo gente dai 13 ai 16 anni. Insomma l’infratto era parecchio lontano dalla camporella. L’infratto, almeno per la sottoscritta, era costituito da casti baci sulle labbra e dai goffi tentativi del mio gaucho di infilarmi le mani nelle tasche dei jeans. Lo so, mi son sempre piaciuti i tipi ribelli. E era l’unico dei miei amici maschi a avere la bici, mentre gli altri avevano tutti lo scooter e mi piaceva un sacco per quello, oltre che per la canappia importante (particolare che noto ancora adesso…e dopo aver trovato un gruppo su FaceBook, di cui son diventata prontamente fan, credo di aver capito perché. Hehehe, la furbizia!). Mi passava a prendere in bici, mi sedevo sulla canna e, in equilibrio precario, andavamo alla solita gelateria di quartiere. Si prendeva il gelato e poi si biciclettava verso il campo, arrancando come un matto, visto che io ero seduta sulla canna. Che pomeriggi pregni di impegni che avevamo. Nel campo eravamo le solite coppiette abbracciate sedute nelle solite panchine, ognuno aveva la sua, se me la rubavi, la peste ti cogliesse. Ora al posto del mio fields of gold c’è un fottuto campo da pallavolo della Montebello. Il mio commento per questo fatto: buuuuuh.
Ritornando a Robespierre, la mia infanzia si potrebbe riassumere in poche cose:
-         La Barbie snodabile,
-         La morte di Freddy Mercury,
-         Il mio vecchio letto a castello;
-         La guerra in Kosovo,
-         “Il Corriere dei Piccoli” a cui avevo spedito una lettera (giustamente) mai pubblicata che recava la mia lamentela riguardo il fatto che sul Corrierino chiamavano la direttrice “La Direttora” e io tutta stizzita avevo scritto che “va bene tutto, ma si dice “direttrice” non direttora.” Ero una rompi cazzo già allora che avevo  8 anni;
-         Lo studio completo, dalla copertina all’ultima pagina, di Topolino;
-         Le Superga tarocche, cioè le Podio. Che voglio dire, già le Superga sono a dir poco inguardabili, il tarocco era imbarazzante;
-         Farsi convincere a andare in oratorio, tornare a casa schifata, ripromettersi di non tornarci mai, ma mai più, e dopo due giorni essere ancora lì;
-         La mia casa delle Barbie, pulita ogni domenica mattina con dovizia certosina;
-         I cracker a forma di farfalla della Barilla;
-         Craxi e il lancio delle monetine,
-         Berlusconi che esordisce con “L’Italia è il Paese che amo”,
-         Bim Bum Bam,
-         Il Principe Valiant, tutt’ora il mio ideale di uomo, che si innamorava della solita bionda fine come un paracarro.
E comunque del passato credo sia rimasta uguale una sola cosa, forse perché l’età media del mio quartiere è di circa 90 anni: devo ancora vedere la mia sede elettorale espugnata dalla destra. E spero non capiti mai finchè avrò vita.
“E infine il mio quartiere: dove il Partito Comunista prendeva il 74% e la Democrazia Cristiana il 6%”

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